Lungo i passi di una vita
22 - Scuola delle Nazioni
Tornato a Padova dopo gli anni praghesi, Tartini riprese il suo impiego presso la Basilica del Santo, e in aggiunta aprì la sua scuola di violino dove insegnava tecnica, elementi di armonia, composizione e contrappunto. Gli allievi arrivavano da moltissimi paesi, tanto che, come ci narra l'astronomo Joseph Jérôme de Lalande, gli italiani lo chiamavano il Maestro delle Nazioni, epiteto che è arrivato fino ad oggi. Gli allievi di Tartini non erano dei principianti ma dei professionisti che ricercavano miglioramenti tecnici. Erano spesso violinisti al servizio dei vari principi europei, inviati a Padova per migliorare la loro tecnica e poi ritornare più esperti alle rispettive corti. Un altro gruppo nutrito di allievi era formato dai nobili che si recavano a Padova per studiare Giurisprudenza alla storica università, e sfruttavano quegli stessi anni anche per lo studio musicale. Gli allievi trascorrevano uno o due anni per migliorare la loro tecnica andando a lezioni ogni giorno e per molte ore di seguito presso l'abitazione del Maestro. Questa modalità d'insegnamento era una novità per quell'epoca in cui in genere i maestri di musica accoglievano ad abitare nella propria casa i giovinetti.
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Lettere e documenti
“Io avrò quest’anno dà insegnare à nove scolari; cosa che mi confonde affatto, perché quando ne hò avuto quattro o cinque, sono stato il più imbrogliato uomo del mondo. Vengono, ò per dir meglio, sono venuti la maggior parte, insalutato ospite, e ben da lontano, cosicché non si può rimandarli à casa, e sono servitori di Principi”. Da una lettera inviata a Padre Martini il 14 novembre 1737
“Ciò, ch’è il meno del mio onorario, sono due Zechini al mese, e questo è per il solo Violino, perché chi vuol imparare anco il contrapunto, mi paga trè Zechini. Sono altri scolari che mi pagano più mà ciò che io ho detto, è il mio solito, onde due Zechini solo saranno per il Violino. Se il giovane è qualche poco avanzato, dentro un’anno a Dio piacendo lo Studio sarà compito, mentre osservo che per quanto deboli vengano qui li Scolari, in due anni sono Sbrigati”. Da una lettera inviata a Padre Martini il 18 settembre 1739
“Per mesi e mesi ho dovuto dar lezione mattina e dopo pranzo…s’immagini Ella se dopo quasi sette ore continue della mattina e tre del dopo pranzo rimanga voglia e forza per qualunque altra cosa ad un uomo di settanta anni”. Da una lettera inviata al conte Riccati il 27 agosto 1761.