IL SUONO DI TARTINI / TARTINIJEV ZVOK

musica strumentale operata in quegli anni, tanto che potremmo considerare lo stile di Vivaldi più violinistico - strumentale e quello di Tartini più legato a un ideale vocale – discorsivo. Ci possiamo augurare che l’attuale riscoperta dell’opera italiana del ‘700 e del repertorio belcantistico sappia rendere più vicino e comprensibile lo stile di Tartini e permetta di apprezzare meglio i suoi ideali esecutivi, il suo gusto musicale e quello della sua cerchia. Nell’intento di riaprire l’interesse per Tartini, di valorizzarne l’opera musicale collocandola nel contesto della musica degli autori coevi e della vastissima produzione degli stessi suoi allievi, che esportarono in tutta Europa lo stile del maestro, il Conservatorio di Trieste, all’interno del progetto INTERREG Italia – Slovenia 2014-2020 denominato tARTini ha organizzato una rassegna musicale che si configura come un Festival Tartiniano, con interpreti d’eccezione. Il filo conduttore è IL SUONO DI TARTINI: recuperare gli organici del periodo, le modalità costruttive degli strumenti dell’epoca, i materialidicuieranofatti,iltipodisonorità,illorotimbro,peroffrire, attraverso lemodalità esecutive, interpretative ed espressive della musica del periodo, la ricostruzione di quell’universo sonoro. Concorrono a questo recupero la valorizzazione di aspetti tecnico esecutivi: nel violino l’arco convesso usato nel Settecento, più morbido dell’attuale, comportava un tipo di condotta ariosa che incentrava nella varietà del colorito dell’arco, nell’articolazione di ogni singolo suono e nelle sfumature di inflessioni ritmiche e agogiche molto varie tutti i suoi mezzi espressivi. Sarà lo stesso Tartini a modificare l’archetto e i due rari esemplari appartenuti al Maestro e conservati presso il Conservatorio di Trieste sono un preziosa testimonianza dell’attenzione allo studio della sonorità dell’arco e alla tenuta del suono. Questo “cantare” sul violino, che dipende dalla condotta dell’archetto e dalle inflessioni del fraseggio, che secondo Tartini devono seguire il “senso” della melodia, come se si trattasse di un discorso, sono testimoniate come una caratteristica della sua scuola e riportate anche per un musicista come Antonio Vandini, violoncellista e amico fedele del grande piranese, che secondo il musicologo Burney (che lo udì) ” suona in modo tale da far parlare lo strumento ”. Si intende così offrire al pubblico la rara opportunità di riavvicinarsi a quel mondo sonoro raffinato e ricco di interconnessioni, un mondo ideale e un modo di intendere l’arte dei suoni che ha messo a confronto competenze musicali elevatissime, le migliori intelligenze del tardo Settecento italiano, che a Padova avevano modo di ascoltarsi, riflettere, confrontarsi ed esplorare aspetti nuovi della scienza armonica, dell’arte dei suoni e della tecnica violinistica.

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