Giuseppe Tartini - Lettere e documenti / Pisma in dokumenti / Letters and Documents - Volume / Knjiga / Volume I
342 187. Materiale relativo all'accusa di Catina Bufelli e del figlio di lei Nel 1720 circa da Giuseppe Tartini per occasione di alloggio contratta amicizia e domestichezza con Catrina Bufelli nubile ma non vergine, locandiera in contrada lunga di s an Moisè, del 1722 discoperta gravida in tempo di egual commercio col Tartini, e con uficiale di rango ivi allora coabitante. Partito l’ufiziale da Venezia, e rimasto il Tartini, a questo tentò di apropiare il parto, proponendo di volerlo ritenere appresso di sé. Ciò negato costantem en te dal Tartini, che anzi rilevata la malizia promise sei zecchini fin d’allora destinati alla levatrice, acciò in ogni modo facesse passar il parto al solito luogo pio, venuto il tempo del parto, in cui il Tartini per musical funzione era ben lontano da Venezia, la donna sovvertì la levatrice, e ritenne il nato figlio appresso di sé. Dal Tartini ritornato in Venezia, saputo il caso, fattagli alla donna la più grave e risoluta opposizione, essa si difese, e sostenne il partito preso col dire, che si contenta- va così: pronta a qualunque sorte sua e del figlio indipendentem en te da chiunque! Su questo punto non vi fu più contrasto; e come il Tartini contribuiva denaro alla donna innanzi il parto per il commercio carnale, così per lo stesso effetto continuò dopo il parto a contribuirlo per altri pochi mesi che restò in Venezia. Indi a pochi mesi partito il Tartini dall’Italia per Boemia, e dopo tre anni tornato in Padova al solito serviggio di S an Antonio, dalla donna con cui non ebbe in questo tempo corrispondenza alcuna, gli fu intimato col mezzo di persona religiosa di pensar al di lei figlio come di lui figlio. Trattato privatam en te l’affare, e presasi la persona religiosa in Venezia l’arbitrio non mai concedutogli dal Tartini di accordar qualche emolumento alla donna, fu in Padova dal Tartini convinta questa persona del di lui fallo: si ritrattò, e nulla fu conchiuso. Ma scopertasi in questa occasione dal Tartini, che la donna aveva fatto battezzare a Castello il figlio col nome di madre incerta (o occulta) e padre Giuseppe Tartini, (cagione per cui la persona religiosa veduto in Venezia questo battesimo aveva accordato l’emolumento alla donna) ricorse in Venezia il Tartini da monsig nor vicario Mainardi, il quale udito il caso com’è qui descritto, gli fece giustizia facendo cassare dal fu proc urato re Giustinian in calle delle acque il nome di Giuseppe Tartini, come attualm en te si vede cassato. Indi a qualche anno venuto capitanio in Padova s ua e ccellenza Angelo Emo gi informato dalla donna in Venezia, e totalm en te prevenuto in di lei favore, chiamato a sé il Tartini, e inteso il fatto qual è qui descritto, non solam en te fece ragione al Tartini, ma unitosi per lettera con sua eccellenza Fedrigo Corner, sua eccellenza Polo Renier (tutti defonti), fece intimar alla donna di non più vessar il Tartini, e proporgli per il figlio allevato per la via ecclesiastica e indirizzato per il sacerdozio una capellaria assai sufficiente ma, rifiutata dalla donna, d’allora in poi finché visse, non diede mai più vessazione alcuna al Tartini. Ma qualche tempo dopo la di lei morte il di lei figlio gi fatto sacerdote comparve perso- nalm en te in Padova, e per mezzi privati insisté gagliardam en te appresso il Tartini per es- ser riconosciuto figlio, ed anzi egli stesso volle di propria bocca dichiararsi tale al Tartini
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